giovedì 9 febbraio 2012

LA RIVOLUZIONE PORTOGHESE 1974-1975


Marxismo rivoluzionario n. 5 
trent'anni fa la rivoluzione portoghese / analisi

-LEZIONI ATTUALI DI UNA CRISI RIVOLUZIONARIA
 di Marco Ferrando
 
Trent’anni fa la rivoluzione portoghese scosse l’Europa. Dopo il maggio francese del ’68, si trattava della più grande crisi rivoluzionaria che si fosse affacciata nel vecchio continente dagli anni ’50. Anzi se è vero che il maggio ’68 aveva conosciuto un’espressione più concentrata della sollevazione operaia è anche vero che la vicenda portoghese del 74-75 ha visto una combinazione più elevata di mobilitazione operaia e crisi dello Stato, ponendo in termini diretti il nodo cruciale della conquista del potere.
L’articolo che qui proponiamo -scritto dal compagno Franco Grisolia nella seconda metà del 1975- riporta una lettura diretta degli avvenimenti in corso da parte dei marxisti rivoluzionari e del loro bollettino (Il Militante) Al di là dei riferimenti di dettaglio che essi contengono, essendo stati scritti “a caldo”, questi articoli esprimono un’analisi di fondo della dinamica rivoluzionaria e un approccio politico a questa che ci pare utile riproporre. E’ un’analisi che si è contrapposta nel vivo di quella vicenda alla lettura distorta che ne fecero rispettivamente il Pci e le organizzazioni italiane di estrema sinistra (oltre alle organizzazioni revisioniste del trotskismo sul piano internazionale). Il primo evocando lo spettro del Cile e la necessità di un ordinato percorso di compromesso storico contro ogni velleità avventuristica ed estremistica. Le seconde facendo da cassa di risonanza alle mitologie dello spontaneismo e dell’onnipotenza della rivoluzione sotto la guida… dell’Mfa. Entrambe rimuovendo, per interesse proprio o incapacità, la lezione profonda della rivoluzione portoghese.
 
Una rivoluzione che ha riproposto ,invece, in forme particolari, alcune indicazioni di valore universale. Il carattere complesso di una crisi rivoluzionaria
Per usare la terminologia di Bloch, ogni esplosione rivoluzionaria si genera dalla combinazione di “cause apparenti” e “cause reali”. I fattori contingenti sono naturalmente importanti e per alcuni aspetti decisivi. Ma solo nella misura in cui costituiscono il fattore d’innesco di un materiale esplosivo da lungo tempo deportato e sedimentato. I rovesci dell’esercito portoghese in Angola e Mozambico hanno sicuramente determinato il distacco dell’esercito dal vecchio regime: ma se gli effetti della rivoluzione coloniale hanno operato così nel profondo della società e dello Stato portoghese è perché l’equilibrio sociale e politico del vecchio regime era già logorato nelle sue fondamenta dal precipitare della crisi di consenso della piccola borghesia, dalla graduale ripresa delle lotte operaie ( a partire dagli scioperi della Lisnave del ‘61-‘62), dalle nuove necessità poste dallo sviluppo del Mercato comune europeo. Da tempo le classi dominanti volevano cambiare cavallo nell’impossibilità di perpetuare la forma tradizionale del proprio dominio. Ciò che non prevedevano è di trovarsi costrette a saltare sul cavallo selvaggio di una rivoluzione operaia e popolare. Certo nessun soggetto sociale o politico ha voluto e pianificato la rivoluzione portoghese: né le gerarchie militari che puntavano ad una transizione graduale e ordinata; né il PCP che mirava  unicamente a costruire e consolidare il proprio ruolo d’apparato in una rifondata democrazia borghese portoghese; né l’estrema sinistra, spesso segnata da una confusa miscela di movimentismo e avventurismo minoritario.
Eppure ognuno di questi soggetti ha obiettivamente concorso, suo malgrado, ad innescare la dinamica rivoluzionaria. Che è ampiamente sfuggita alle loro previsioni e al loro controllo.

La forza intrinseca di una rivoluzione
Contro tutti i detrattori “strutturalisti” della forza delle masse la vicenda portoghese ha rivelato le potenzialità dirompenti di una rivoluzione. La classe operaia industriale in Portogallo era una minoranza della società portoghese. La sua esperienza ed organizzazione, erano state limitate e compresse per lunghi decenni dal tallone di ferro della dittatura. Eppure la crisi del regime, e il varco che questa ha aperto, ha richiamato un’irruzione operaia e popolare di enorme portata, direttamente proporzionale al lungo periodo di sofferenza passiva che il proletariato aveva subito. E la forza operaia si è manifestata non solo nella determinazione e radicalità della lotta, ma nel suo porsi come punto di riferimento centrale di aggregazione e ricomposizione di un più vasto blocco sociale, a partire dalle masse povere delle campagne. Così nell’arco di un anno e mezzo una classe operaia universalmente considerata fanalino di coda del “colto”, “moderno”, “sindacalizzato” proletariato europeo ha vissuto un’esperienza obiettivamente ben più radicale di tante altre esperienze avanzate della classe operaia continentale. E’ la conferma del carattere imprevedibile, “ineguale e combinato” dei processi rivoluzionari. Come scriveva Trotsky nel 21 un proletariato socialmente e politicamente arretrato può, talora, rivelarsi più maturo per una rivoluzione di un proletariato esperto ed avanzato.

La centralita’ della questione della forza
Tutti i teorici saccenti dell’attualità della non violenza in nome dell’impotenza della forza dovrebbero studiare con attenzione la storia della rivoluzione portoghese. Chi nega le possibilità di una rivoluzione in base alla comparazione statica delle forze militari in campo non si confronta con la dialettica viva di una rivoluzione reale. Una rivoluzione quanto più è profonda, tanto più sposta i rapporti di forza: sia perché organizza le più grandi masse, trascinandole nell’arena politica sia perché approfondisce le contraddizioni interne dell’apparato dello Stato. Nessun apparato dello Stato è impermeabile a un processo rivoluzionario. La rivoluzione portoghese del 74-75 ne è un esempio. Un apparato militare repressivo rodato da decenni di dittatura è stato letteralmente scompaginato dalla sollevazione popolare: che ha prodotto fratture nelle gerarchie, ha diviso strati inferiori e superiori, ha disarticolato l’unicità del comando. Nessun fatale rapporto di forza, nel 74-75 ha impedito la vittoria rivoluzionaria delle masse.

Il ruolo decisivo delle direzioni
Se la rivoluzione portoghese è stata sconfitta lo si deve in ultima analisi, solo e unicamente all’assenza di un partito rivoluzionario. E alla relativa egemonia di direzioni e apparati burocratici che hanno militato con tutte le proprie forze contro una prospettiva rivoluzionaria vincente.
Il ruolo controrivoluzionario del Ps di Mario Soares non merita particolari sottolineature (se non per la grottesca rimozione di quel ruolo da parte di un settore del movimento trotskista internazionale che addirittura vide nel Ps il canale d’espressione della classe operaia e delle sue domande democratiche contro lo stalinismo). E’ il ruolo del Pcp che va indagato nella sua realtà, ben diversa dal mito di cui è circondato dalla agiografia staliniana. Il gruppo dirigente del Pcp è stato l’organizzatore della sconfitta della rivoluzione portoghese: nel suo affidamento strategico  al blocco con l’Mfa in funzione della propria (illusoria) autodifesa dalla reazione; nella sua azione metodica di contenimento e disarmo delle spinte più radicali della classe e della sua stessa base sociale e militante; nella sua predica quotidiana del carattere “democratico” della rivoluzione contro la prospettiva del potere; nel suo metodo burocratico amministrativo di autoimposizione all’interno del movimento operaio che purtroppo regalò al Ps il consenso di settori arretrati e “democratici” delle masse. L’ultimo libro di Cunhal che ancora difende contro le calunnie di Soares, la fedeltà del Pcp al capitalismo portoghese, la sua rinuncia alla dittatura del proletariato, la sua cultura legalitaria e istituzionale, è un involontaria e patetica documentazione delle responsabilità storiche del Pcp nella sconfitta della rivoluzione portoghese.
Sta di fatto che nessuna delle forze dell’estrema sinistra portoghese, nel ‘74-‘75, si è rivelata capace di affrontare o anche solo di porsi seriamente, il problema di scalzare l’egemonia del Pcp nella classe operaia. Oscillando tra la subordinazione codina a Cunhal (vedi la costituzione del Fur il 25 agosto 75) e il blocco con la reazione contro il Pcp e i lavoratori (vedi i maoisti del Mrpp). Soprattutto nessuna di quelle forze si è posta nella prospettiva strategica dell’alternativa di potere della classe operaia e delle masse. Nessuna di esse ha posto la centralità dell’organizzazione indipendente dei soldati, dell’armamento dei lavoratori, della centralizzazione nazionale degli organismi embrionali dell’autorganizzazione di massa e del loro sviluppo. Nessuna di esse ha fondato la propria politica sull’autonomia del proletariato dalle direzioni dell’esercito portoghese.
E questo paradossalmente nel momento stesso del processo di disgregazione di quell’esercito come sottoprodotto dell’ascesa di massa.
Come diceva Trotsky vi sono tre condizioni per la vittoria di una rivoluzione: un partito, ancora un partito, sempre un partito.
La rivoluzione portoghese di trent’anni fa ne è un’ulteriore conferma. E per questo racchiude una lezione che riguarda il futuro.
Settembre 2004
-  IL RIFLUSSO DELLA RIVOLUZIONE DOPO IL 25 NOVEMBRE 1975
Ripubblichiamo un articolo sulla rivoluzione portoghese apparso sul Militante il 3/3/1976. Abbiamo provveduto a tagliare le parti che oggi risulterebbero difficilmente comprensibili, perché dense di riferimenti a fatti molto specifici o a organizzazioni politiche oggi sconosciute ai più. Ci è parsa, tuttavia, utile questa riproposizione, perché rende efficacemente l’idea dell’importanza di una rivoluzione oggi quasi completamente rimossa, l’ultima rivoluzione verificatasi nel continente europeo. Ugualmente interessante ci è sembrata la possibilità di valutare i giudizi politici e le posizioni assunte all’epoca dalle principali forse della sinistra extraparlamentare italiana.
di Franco Grisolia
[…] il mese di novembre aveva visto uno sviluppo formidabile del movimento di massa. Mai come nella manifestazione dei 40.000 edili, che avevano sequestrato l’assemblea costituente, nella manifestazione di 100.000 mila persone -operai, braccianti, soldati, contadini dell'Alentejo- durante lo sciopero del 16 novembre, il movimento di massa si era posto così direttamente in contrapposizione allo stato borghese.
In faccia a un apparato statale in piena crisi il proletariato poneva la prospettiva della rivoluzione socialista e della presa del potere.
Ma la volontà di lotta delle masse non poteva essere sufficiente.  Ciò che necessitava era la costruzione dello strumento che solo avrebbe permesso la presa del potere: l’assemblea nazionale dei consigli operai., contadini poveri e soldati. Tale struttura avrebbe materializzato l'alternativa del potere proletario, avrebbe potuto essere il mezzo per la necessaria costituzione di una potente milizia operaia che, in congiunzione con i reggimenti rossi avrebbe dovuto essere lo strumento della insurrezione vittoriosa.
Strutture embrionali di tipo sovietico erano state create in diverse situazioni In particolare l’esempio più importante veniva fornito dal consiglio operaio della Lisnave. Ma nessuna forza politica ha avuto la volontà di spingere alla generalizzazione e all’unificazione di queste strutture. La mancanza dì un’organizzazione unificante delle masse, causata dall'assenza di un partito rivoluzionario di avanguardia, sta alla base della sconfitta di novembre.
Il rifiuto di indicare la prospettiva sovietica trova la sua origine nella politica assolutamente opportunista di tutte le forze di opposizione al governo Azevedo.
Il Pcp, che del resto era ed è membro del governo, intendeva utilizzare la pressione del movimento di massa al solo scopo di ottenere un riequilibrio all'interno delle strutture dello stato borghese a proprio vantaggio: non certo con il ritorno alla situazione precedente la caduta di Gonçalves, ma semplicemente con un maggior peso per sé e per  i suoi alleati militari.
Le diverse organizzazioni del Fur (Fronte Unito Rivoluzionario), per parte loro erano invece in uno stato di completa confusione oscillando tra l'avventura putschista, l’accodamento al Pcp e una rinnovata fiducia nella manovra dei generali golpisti come Otelo de Carvalho.
In generale il Fur, a parte un certo ruolo nel movimento di base dei soldati (Suv) era incapace di ogni azione incisiva e, in più, ciascuna delle sue componenti agiva su una propria prospettiva.
In generale, però, tutte le forze del Fur, a eccezione della Liga Comunista Internacionalista (Lci) pablista, che, però, nascondeva stupidamente proprie posizioni nei confronti delle masse, partecipando a questo blocco opportunista, nonostante la disastrosa esperienza dell’estate, continuavano ad avere un atteggiamento di sostanziale subordinazione all’azione degli ufficiali di “sinistra” continuando a concepire la vittoria del “poder popular” come il risultato di uno scontro all’interno dell’esercito.
Quanto all’Udp, maoista “di sinistra” essa si limitava semplicemente  a diffondere le posizioni acquisite come organizzazione, senza minimamente preoccuparsi dello sviluppo del movimento con una concezione da “lotta per la rivoluzione (democratico-popolare)” a passo di “tartaruga”, ciò che era particolarmente negativo nella misura in cui l’Udp ha un seguito importante in alcune fabbriche chiave, in particolare la Lisnave.  Del resto la stessa Udp condivide l’analisi che considera il Pcp “socialfascista”, cosa che l’ha portata a realizzare in alcuni sindacati liste in comune con il PS (per esempio nel sindacato metallurgico di Porto e tra gli impiegati delle assicurazioni).
 
E’ stata la criminale mancanza di ogni indicazione di politica indipendente da parte delle forze della sinistra che ha spinto i paracadutisti di Tancos, non a caso neofiti dello schieramento di classe, verso la loro ingenua avventura. Non si trattava certamente di un golpe, ma di un tentativo di realizzare un’enorme pressione sul Consiglio della Rivoluzione per “bloccare lo scivolamento a destra” e in particolare per far riassumere ad Otelo de Carvalho il comando della regione militare di Lisbona.
Certo era corretto che il movimento di massa si mobilitasse contro la destituzione di de Carvalho, non in difesa di questo squallido personaggio, ma contro l’offensiva di destra che passava anche attraverso la sua sostituzione. L’azione dei militari di Tancos però soffriva di quelle stesse illusioni sulla possibilità di spingere gli ufficiali dell’Mfa e il Consiglio della Rivoluzione a compiere un cambio di rotta, che tutta la sinistra sviluppava nelle masse. Così la loro azione offriva il pretesto che da tempo il governo ed il Consiglio della Rivoluzione cercavano per riprendere in mano la situazione.
Di fronte a un proletariato incerto e confuso,  di fronte a dei “reggimenti rossi” che non sapevano cosa fare, poco più di un migliaio di armati (i commandos dell’Amadora e i carristi della scuola di cavalleria di Sacavem) con l'appoggio dell’aviazione hanno vinto la partita.
Due organizzazioni del Fur: il Partito Rivoluzionario del Proletariato (Prp) e il movimento della Sinistra Socialista(Mes) hanno lanciato appelli alla mobilitazione di massa nei fatti all’insurrezione, in appoggio ai paracadutisti di Tancos. Questa scelta non deve ingannare. Parlando di un dirigente comunista tedesco  della sua epoca Gramsci scrive: “E’ un putschista perché è un destro”. Tali parole si adattano perfettamente, e meglio ancora , ai dirigenti del Pes e del Prp.  Nella misura in cui essi vedevano il problema centrale non nello scontro tra il proletariato e la borghesia, ma in quello tra le diverse fazioni militari,  era logico che facessero appello all’insurrezione in un momento in cui si giocavano le sorti dell'ala sinistra piccolo-borghese e populista dell'Mfa.
 
Non a caso in Italia una posizione analoga é stata assunta dai centristi di destra dì Avanguardia Operaia, che gìà erano stati i piú aperti sostenitori dell’estrema sinistra Italiana della prospettiva bonapartista borghese dell'ala “radical-populista” dell'Mfa e che per qualche giorno hanno potuto ringalluzzirsi, riempiendo il Quotidiano dei Lavoratori di rodomontate sulla necessità dell’insurrezione, sulla correttezza delle posizioni del Mes e del Prp e di denunce dell’operato del Pcp.
Non vi è dubbio: i dirigenti del Mes e del Prp (nonché di AO) erano pronti a portare il proletariato all’insurrezione ed anche al macello…per dare il potere a Otelo de Carvalho e Fabiao (è evidente, perció, che definire il Mes e il Prp “ultrasinistri”, come hanno fatto ì pablisti, è privo di oqni senso).
Per fortuna, ad ogni modo,  il proletariato non ha risposto minimamente agli appelli insurrezionali tant’è che al luogo di raggruppamento (davanti al Ralis) si sono radunate solo duecento persone, nemmeno tutti i militanti di Lisbona del Ppp e del Mes. Ecco i risultati raccolti da questi rivoluzionari da barzelletta.
Come abbiamo detto l’avventura dei paracadutisti é servita come pretesto al governo e al Consiglio della rivoluzione per realizzare un riequilibrio della situazione politica a favore proprio e della borghesia. Il proletariato, confuso ha visto gli avvenimenti svolgersi davanti ai propri occhi, senza essere capace di giocarvi un ruolo anche minimo. Quanto al Pcp, principale direzione del movimento operaio, dopo aver spinto allo sbaraglio i suoi simpatizzanti nell’esercito (cui si deve l’occupazione degli studi Tv il 25 novembre), ha immediatamente cercato di adattarsi alla nuova situazione, propagandando la “necessaria ritirata” e, naturalmente rimanendo in seno al governo. Come al solito una politica di difesa esclusivamente di interessi di apparato, senza niente a che vedere con gli interessi della rivoluzione proletaria.
Purtroppo questa situazione ha provocato un processo di forte demoralizzazione delle masse operaie, determinando un crollo della mobilitazione e mettendo fine alla situazione rivoluzionaria apertasi col 25 aprile 1974. Così il proletariato è stato incapace di dare una risposta alle misure antioperaie decise dal governo, come lo sblocco dei prezzi di alcuni generi alimentari, il blocco per quattro mesi dei salari, ecc. Se il proletariato é in una fase di riflusso, quali sono le prospettive e la volontá delle forze della borghesia, nonchè del Ps?
Molti commentatori dell’estrema sinistra hanno parlato di fascismo, o almeno di tendenza al fascismo, in origine a proposito di tutto lo schieramento vittorioso, in seguito solo di una parte dì esso (Ppd e Pds). Niente di piú falso. “Il fascismo é un sistema statale particolare, basato sulla eliminazione di tutti gli elementi di democrazia proletaria nella societá borghese” (Trotsky). E tenderebbe al fascismo un regime che non solo che ha il suo punto di forza nel Ps, partito operaio-borghese che ha bisogno della democrazia borghese come un uomo dell’aria che respira, ma che anche non mette fuori legge nemmeno quelle forze dell'opposizione sinistra che hanno appena fatto appello all'insurrezione armata contro di lui? Nemmeno lo scontro tra le diverse componenti dello schieramento governativo e borghese può essere visto come uno scontro tra un’ipotesi “democratico borghese” e una “fascista”.  Tutte le forze borghesi (ivi compreso il Cds) sanno che in questo momento un regime di democrazia borghese è il migliore e l’unico possibile per il dominio del capitalismo portoghese. Le divisioni sono avvenute e avvengono tuttora su altri terreni, il ruolo da far giocare al Pcp, il modo e la misura dell’eliminazione o riduzione delle più importanti conquiste delle masse come le nazionalizzazioni e la riforma agraria, i mezzi da adottare per prevenire una nuova ascesa del movimento di massa, il ruolo da assegnare ai militari.
E’ in riferimento in particolare a quest'ultimo problema che ci sembra importante sottolineare la reazionarietá delle posizioni assunte in Italia da Lotta Continua. Sul suo quotidiano del 30 novembre afferma: “In Portogallo, perché si possa arrivare ad attuare un vero colpo di stato fascista, che é la costrizione all’asservimento della classe facendo uso del terrore, é necessario dare tutto il potere in mano ai civili, contrariamente a ciò che accade abitualmente in tutti gli altri paesi.  Per ricostruire lo stato e imporre nella società l'esercito come corpo separato garante della repressione bisogna sciogliere il Consiglio della Rivoluzione, farla finita con l’ingerenza dei militari nella vita politica e dare tutto il potere ai partiti che hanno saputo servire gli interessi della borghesia -cioè in primo luogo al Ps- ma nella sostanza sempre più al Ppd-. Questa l’opinione espressa con chiarezza dai maggiori responsabili dei sovvertimento militare reazionario che é riuscito ad imporsi tra il. 25 e il 28 novembre”.
La gravità di questa posizione é che la sua conseguenza logica è la difesa della presenza dei militari e del Consiglio della Rivoluzione, anche amputato a sinistra, nella vita politica portoghese.  Tale difesa si ricollega all’azione compiuta da Melo Antunes dai suoi alleati all’interno del Consiglio della Rivoluzione. Il “gruppo dei nove”, ultimo rappresentante di quel movimento pìccolo-borghese in seno alla casta degli ufficiali portoghesi,, che realizzò il colpo di stato del 1974 e che fu rappresentato dalla ormai defunta “assemblea dell’Mfa, ha effettivamente cercato di mantenere una presenza ufficializzata degli organismi militari perché sono gli ultimi in cui questa casta, terminato il ruolo che la borghesia le aveva fatto giocare nella crisi dell’estate, aveva la possibilità di conservare una presenza politica. Cercava inoltre di farne i garanti dì una serie di misure che il gruppo di Antunes ritiene di dover difendere, in particolare la maggior parte delle nazionalizzazioni e la riforma agraria.   Ma questo tentativo, colpo di coda dì una forza ormai moribonda, come dimostra l’eliminazione del preambolo sull'intangibilità delle “conquiste” della rivoluzione per il suo carattere “socialista”, proposto da  Melo Antunes nel nuovo patto tra i militari e il partito.
Purtuttavia tale accordo e quindi la costituzione, contrariamente alle affermazioni dì buona parte della stampa conserva un ruolo notevole ai militari, in particolare con la possibilità per il Consiglio della Rivoluzione di rinviare al parlamento le leggi approvate, con un veto che può essere eliminato da una nuova votazione, ma solo nel caso in cui almeno due terzi dei deputati riapprovino la legge. Allo stesso modo si devono considerare gli estesi poteri attribuiti al presidente della repubblica che, per scelta unanime (in realtà imposta) di tutti i partiti sarà per i prossimi cinque anni un militare.
In realtà è successo che i vari militari reazionari, gli Eanes e soci,  feroci avversari della politicizzazione nell’esercito, quando riguardava i soldati e ì bassi ranghi, e della presenza degli ufficiali nella vita politica quando esisteva il Mca piccolo-borghese e la sua azione era un elemento di crisi per lo stato, una volta trovatisi su posizioni di forza sono stati a loro volta presi da appetiti di potere. Così, invece di ritirarsi in buon ordine nelle caserme, hanno voluto anche loro mantenere un potere politico, per quanto limitato. E’ probabile che ciò non assumerà una grande importanza nel prossimo sviluppo della situazione portoghese, ma chi può escludere a priori che tale potere non costituisca, da qui a uno o due anni, una base per l’instaurazione di un regime bonapartista di destra fondato sui militari reazionari?  E per questo in particolare che il nuovo patto partiti-militari deve essere denunciato e combattuto Accodandosi di mala voglia alle prospettive di Antunes (male minore) dopo aver appoggiato le prospettive bonapartiste e degli ufficiali radical-populisti si fa in definitiva il gioco della destra reazionaria. Non altra sorte avrebbero in effetti le posizioni di Lotta Continua se applicate in Portogallo. […]
Come abbiamo detto la rivoluzione portoghese è entrata in una fase di profondo riflusso. E' evidente che a nostro giudizio non è possibile in questa fase indicare alle masse una prospettiva offensiva.
Questo vale in particolare per il problema  del governo e in generale del potere. Noi, come trotskysti ortodossi, non abbiamo simpatia per lo schematismo, le indicazioni astratte, il dogmatismo. Fino all'11 marzo '75 abbiamo indicato come la parola d'ordine “governo Pcp-Ps basato su un programma anticapitalistico” aveva enormi potenzia1ità per arrivare a porre in contrapposizione la volontà della base dei partiti operaì con la politica controrivoluzionaria dei vertici e poteva costituire un’indicazione fondamentale per l’avanzamento del movimento di massa contro la borghesia. Dopo l’11 marzo, per la spaccatura che si apriva tra PCP e PS, quest’ultimo ponendosi a capo di una mobilitazione reazionaria e, soprattutto. tenuto conto del movimento proletario, abbiano detto che la parola d’ordine precedente era ormai da abbandonare e che doveva essere sostituita con lo slogan “per un’assemblea nazionale dei consigli dei lavoratori, che assuma il potere nel paese” indicava così concretamente la via per la rivoluzione socialista all’ordine del giorno. E’ evidente che tale parola d’ordine offensiva non puó più essere valida nell’attuale situazione. Anzi, a nostro avviso, non è possibile in questo momento lanciare nessuna parola d'ordine sul problema del governo.  Lo stesso discorso vale per altri obbiettivi, come ad esempio la milizia o l’esproprio generalizzato della proprietà industriale. Pìù esattamente le parole d'ordine di “governo operaio”, “milizia”, ecc. rientrano dal terreno dell'agitazione concreta in quello della propaganda generale.
Invece é importante tipo dì azione difensiva che è necessario indicare alle masse. Essa non può che consistere, in questo momento, nella difesa delle conquiste proletarie. Si tratta di indicare sia la difesa del livello di vita dei lavoratori, contro l’inflazione e il blocco salariale sia soprattutto quella delle nazionalizzazioni e dei controllo operaio, che riguardano praticamente la metà delle industrie portoghesi. E’ su questo terreno che bisogna propagandare la reazione e lo sviluppo di consigli di lavoratori, visti in questo momento non più come organi dell'insurrezione e della dittatura del proletariato, ma come strumenti unificanti della classe fabbrica per fabbrica nella difesa delle sue conquiste Su questo terreno é necessario che i rivoluzionari impostino anche una tematica di fronte unico, in questa fase solo dal “basso”, con la base del Ps, partito in cui si stanno acutizzando contraddizioni e divergenze.
Se queste prospettive si concretizzassero i consigli dei lavoratori così costruiti potrebbero diventare, domani, gli strumenti per una nuova ascesa del proletariato. Se infatti un periodo rivoluzionario si è chiuso col 25 novembre, è ancora prematuro considerare liquidata la rivoluzione.
Ripetiamolo ancora. La rivoluzione portoghese ha dimostrato chiaramente il ruolo traditore e opportunista dì riformasti e centristi.  Essa ha anche dimostrato il ruolo confusionista che vengono a giocare le organizzazioni del trotskysmo. Dieci autocritiche della Lci, la più onesta e meno opportunista di tutte le organizzazioni proletarie portoghesi, non cambieranno la situazione se non andranno alla radice degli errori. Il destino della rivoluzione portoghese qualunque sarà il momento in cui essa riprenderà la sua marcia in avanti, potrà trovare uno sbocco positivo solo se, tirando le lezioni degli avvenimenti passati, l’avanguardia proletaria saprà rompere con le forze opportuniste del movimento operaio e costruire un partito trotskysta epurato dal revisionismo centrista. Ed è chiaro che i primi a farsi carico non possono che essere i militanti della Lci.

-   scheda cronologica

APRILE '74 - NOVEMBRE '75, ASCESA E DECLINO DELLA RIVOLUZIONE
A cura di Marco Ferrando

25 aprile ‘74:     cade il regime di Caetano, erede di Salazar, sotto i colpi della
                           rivoluzione coloniale in Angola e Mozambico. Il movimento delle
                           forze armate (Mfa) è l’autore del putsch anti Caetano.
 
1° maggio ‘74:   La classe operaia e vaste masse popolari irrompono sulla scena con
                           gigantesche manifestazioni, festose e combattive. Iniziano scioperi e
                           occupazioni di case, rinascono i sindacati, si sviluppano i partiti
                           operai.
                           Si costituisce il primo governo provvisorio, diretto da     
                           Palma Carlos ed egemonizzato dal generale Spinola, con la
                           partecipazione del Pcp, del Psp, del Ppd (partito popolare
                          democratico, rappresentativo del grande capitale). E’ un governo di
                          unita’ nazionale.
 
Giugno ’74:       Alvaro Cunhal si appella alla cessazione degli scioperi. Il governo di
                           Palma Carlos riduce l’obiettivo iniziale di salario minimo (da 6000 a
                           3300 escudos), vara una legge restrittiva del diritto di sciopero,
                           limita la libertà di manifestazione.
                           Ma la dinamica della lotta di massa si allarga.
                           Nelle Forze Armate si accentuano le differenziazioni.
 
Luglio ’74:         Si costituisce il secondo governo provvisorio, diretto da
                          Gonçalves sempre con la partecipazione di Pcp – Psp – Ppd. Il suo
                          programma resta la normalizzazione nella società e nell’esercito.
                          Viene creato il Copcon con l’obiettivo del
ristabilimento dell’ordine fra le truppe. Ma l’obiettivo fallisce e il Copcon
si trasforma anch’esso in uno strumento dei settori piccolo borghesi
radicalizzati dell’esercito
 
28 settembre ’74: Si realizza un tentativo di svolta reazionaria sotto la guida di
                             Spinola, alla testa della cosiddetta “maggioranza silenziosa”, contro
                             il Pcp e le organizzazioni sindacali. L’Mfa si astiene. Ma la sua
                             base militare è in parte trascinata dalla reazione di massa al golpe
                             di Spinola, che assume caratteristiche radicali. I ferrovieri bloccano
                             i treni. Gli operai dell’industria promuovono barricate a Lisbona e
                             nelle principali città. Spinola, sconfitto, si dimette. L’Mfa
                             approfondisce la sua crisi.
 
Ottobre ’74:         Si costituisce il terzo governo provvisorio di Unità
                             nazionale. L’apparato repressivo e istituzionale dello Stato
                             borghese  moltiplica i segni di sfaldamento. Si radicalizza la
                             mobilitazione operaia e popolare sia sulla base di rivendicazioni
                            democratiche (libertà d’espressione, elezioni per la Costituente,
                            disimpegno in Africa, riforma agraria) sia sulla base di
                            rivendicazioni sociali di classe (sui temi del salario,
                            dell’occupazione, delle condizioni di lavoro).
                            Il governo lancia la “battaglia per la produzione”, varata
                           direttamente dal Pcp all’insegna dello “sviluppo della produttività
                           del lavoro”. Il Pcp lascia cadere la sua vecchia rivendicazione delle
                           nazionalizzazioni.
 
11 marzo ’75:     Spinola riprova un tentativo golpista. Ma si trova contro, a
                           differenza che nel settembre ’74, la mobilitazione attiva di larga
                            parte dell’esercito. Il fallimento di Spinola rilancia la
                           radicalizzazione operaia. L’apparato statale accentua la propria
                           disgregazione. Ampi settori di piccola borghesia si spostano a
                           sinistra.
 
25 aprile ’75:     Le elezioni vedono un forte successo dei partiti operai. Nelle
                          fabbriche si registra un processo di occupazioni e di espulsioni di
                          vecchi amministratori. In diversi casi i lavoratori assumono in prima
                          persona la gestione delle aziende. Parallelamente l’esercito si
                          trasforma in una centrale di agitazione politica, con un più netto
                          dualismo tra gerarchie e movimento dei soldati e degli ufficiali
                          inferiori.
 
Maggio ’75:      Si costituisce il quarto governo, basato essenzialmente sul
                          PCP e sui settori ad esso più legati dell’MFA. Il governo si vede
                          costretto, per contenere l’ascesa di massa, a nazionalizzare banche,
                          assicurazioni, energia elettrica, siderurgia nazionale e trasporti (col
                          rigoroso risparmio delle proprietà e degli investimenti stranieri).
                          Si sviluppano in tutto il Portogallo embrioni di autorganizzazione di
                          massa: commissioni di lavoratori, Assemblee operaie, comitati di
                          “moradores” ecc..
                          Pcp e Mfa propongono l’istituzionalizzazione di tali organismi
                          sotto il controllo dell’Mfa (“documento guida” e documento del
                          Copcom del giugno ’75). Parallelamente l’Mfa lavora alla propria
                          istituzionalizzazione, svuotando l’Assemblea costituente.
 
Giugno ’75:       Esplode la crisi Pcp-Psp.
                          Republica, organo ufficioso del Ps, viene occupato da lavoratori e
                          tipografi che rivendicano la difesa del posto di lavoro e il controllo
                           politico sulla redazione.
                          Attorno a Ps-Ppd si aggrega un vasto blocco reazionario in
                          particolare nel Nord, con un peso rilevante della destra cattolica e
                          degli agrari. Si moltiplicano gli assalti alle sedi del Pcp.
                          L’organizzazione maoista Mrpp partecipa e sostiene la
                          mobilitazione reazionaria in nome della lotta al “socialfascismo”.
                           Il Pcp si affida totalmente all’Mfa .
 
Luglio ’75:        Si costituisce il quinto Governo sotto la direzione di  Gonçalves
                          nel nome del progetto bonapartista-populista, dell’ “Aliança
                          Povo-Mfa”. Il Pcp fa blocco con la direzione maggioritaria
                          dell’esercito per salvaguardare se stesso e il proprio ruolo.
                          Ps e Ppd lasciano il governo e sviluppano la mobilitazione contro il
                          Pcp.
 
Agosto ’75:       Il Pcp vara il Fur (Fronte di unità rivoluzionaria) su una
                          piattaforma di sostegno politico al governo Gonçalves ottenendo il
                          coinvolgimento in esso del grosso dell’estrema sinistra portoghese.
                          Al tempo stesso rifiuta di ricorrere alla mobilitazione operaia,
                          nel nome del “rifiuto della guerra
                          civile” e del carattere “democratico” della rivoluzione.
                          A fine agosto il governo Gonçalves è costretto alle dimissioni dalla
                          pressione reazionaria e dai varchi che essa ha aperto all’interno di
                          alcuni settori della gerarchia militare (Melo Antunes e il “gruppo dei
                          Nove”).
 
Settembre ’75:   Si costituisce il sesto governo provvisorio diretto da
                          Pinheiro de Azevedo, basato sull’apertura al Ps contro il Pcp. Il
                          governo vara un nuovo piano economico di emergenza all’insegna
                          dell’austerità per i lavoratori. Si procede ad un’epurazione generale
                          contro esponenti legati al Pcp in tutto l’apparato dello stato, negli
                          organi di gestione delle aziende nazionalizzate, nei media.
                          Il Pcp benché emarginato e colpito chiede ugualmente di far parte
                          del governo con un incarico secondario.
 
Settembre
Ottobre ’75:      Riprende e precipita lo scontro sociale e la divisione dell’esercito.
Il 10 settembre a Porto, i Suv ( Soldati uniti vinceremo)                                               portano
                                      in piazza migliaia di lavoratori e di soldati.
                          Il 17 settembre l’Alentejo è paralizzato dallo sciopero generale dei
                          lavoratori agricoli e dallo sviluppo dell’occupazione delle terre.
                          A inizio ottobre decolla la mobilitazione degli operai metallurgici che
                          invade le principali città del Portogallo e sfocia in ripetuti scontri
                          con la polizia.
                          Il 20 ottobre inizia l’agitazione dei lavoratori edili, che a partire dal
                          10 novembre assume le caratteristiche di sciopero a oltranza. La
                          manifestazione degli edili a Lisbona il 12 novembre vede la
                          partecipazione di 80.000 lavoratori. Gli operai edili occupano il
                          quartiere in cui risiede il palazzo del governo (Sao Bento) e
                          assediano a oltranza il governo medesimo.
                          Il Pcp “si dissocia” dall’assedio.
                          Il 14 l’assedio continua e i lavoratori edili si armano con tutti i mezzi
                          di fortuna disponibili.
                          La notte del 14 il governo cede accogliendo la piattaforma rivendica-
                          tiva degli edili.
                          La vittoria degli edili trascina la lotta di altre categorie a partire dagli
                          operai della panificazione.
 
Novembre ’75:  Il 16 novembre a Lisbona si realizza un’enorme manifestazione
                          operaia e popolare.
                          Il PCP teme una precipitazione incontrollabile dello scontro col
                          governo e invoca la moderazione e l’autocontrollo dei manifestanti.
                          Costa Gomes, per volontà del Pcp, tiene il discorso “pacificatore”
                          contro “il rischio di anarchia”…
                          Il governo passa al contrattacco, lanciando una campagna di
                          restaurazione nell’esercito contro tutti i settori vicini al Pcp e
                          all’estrema sinistra. Otelo de Carvalho viene destituito dalla
                          direzione del COPCOn e dal comando militare della regione di
                          Lisbona, e  sostituito da Vasco Laurenco (uno dei nove) vicino al
                          Ps. I paracadutisti, legati all’estrema sinistra
                          reagiscono sul piano militare occupando le caserme di Tancos,
                          Montijo, Monsanto, Ota… e chiedendo al governo di ripristinare
                          Otelo.
                          Il governo esige la resa degli insorti e si dichiara disposto ad usare la
                          forza.
                          Gli operai si armano in alcune fabbriche, ma senza indicazioni. Il
 Pcp tace.
                          Le caserme ribelli sono costrette ad arrendersi, ad una ad una.
                          La vittoria del governo segna l’inizio del riflusso della rivoluzione
                          portoghese.